Lascio la vespa a casa e mi dirigo verso lo stadio con la macchina, il tempo è brutto e io non mi sen- to troppo bene. La Sud contestatrice recita il mea culpa e lo scrive grande su uno striscione: "Colpevoli di una passione", così che i giocatori possano leggerlo bene. La contestazione e i fischi durano novanta minuti, solo quando il Capitano entra in campo per la sua partita numero 600, la rivolta si trasforma in un coro: "un Capitano, c’è solo un Capitano". Poca gente, meno del solito. La domenica è segnata dal grande rientro di Sandro, che indossa il cappello di Little Matteo, assente per amore del baseball (per sua fortuna!). Marco, Antonella, Fabio e Christian, ci sono tutti. La formazione è miracolosamente al completo e per un momento penso che questa coincidenza possa anche portare bene. Totti segna e Juan raddoppia. Non rie- sco a esultare a nessuno dei due gol. Sento che due gol non bastano. Lo sentono tutti. Il primo tempo sembra non finire mai. «Ancora al 33’?», si chiede Mirko, forse stordito come il Palermo dal quinto gol dell’Udinese scritto sul cartellone elettronico. «Scende la pioggia ma che fa? Crolla il mondo addosso a noi» questo avremmo dovuto cantare dato che la Roma si rende presto complice del- la resurrezione di Amauri. Due gol in 5 minuti. Siamo alle solite. Non c’è più Ranieri in panchina. Non c’è più Pizzarro in campo. Nella domenica dei ritorni vedo i piccoli Francesco e Andrea, che si è tagliato i capelli, seguire la partita con quella leggerezza che vorrei avere io. La Curva è indomita. Una signora sviene e catalizza l’attenzione su di lei. Fortuna si riprende subito e non è come la Roma che non riesce a segnare il terzo gol che regalerebbe la vittoria. Ancora una volta punti buttati. «Sono mancato due giornate ma sempre la stessa Roma m’appare!». Sandro ha ragione e io ho quella stanchezza che mi svuota e mi toglie tut- to. Quando arriva il triplice fischio si moltiplica per altri mille. Le lacrime di Alma, mentre si al- lontana, bagnano proprio tutto. Stanca e delusa, si appoggia al suo bastone e non saluta nessuno. Un quadro di Chagall confuso, colorato e irreale. Un acquarello con troppa acqua. L’acquarello perde i contorni. I protagonisti sembrano sparire. Solo un campo più verde del solito resta unico testimone di una prestazione mediocre e mentre Vecchioni alla radio canta «Chiamami ancora Amore» penso che anche questa settimana «Solo la maglia, io tifo solo la maglia!».
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