Ieri sera ero in trasferta per lavoro a Milano. Non avendo nessuno con cui passare la serata ho deciso di seguire il suggerimento di un amico che la sa lunga sul cibo. Ho studiato a dovere il percorso e munita di cartina e di un pizzico di fame, quanto basta per rendere ogni esperienza culinaria interessante, mi sono diretta verso piazza della lega Lombarda, 5. A questo indirizzo, a pochi passi dalla fermata dei tram, che continuano imperterriti le loro corse, e davanti al parco Sempione c'è il ristorante pizzeria Nuova Arena. Mi ero informata sulla tipologia del locale e sapevo che, se mi fossi presentata troppo tardi e senza prenotazione, avrei potuto rischiare di non trovare il tavolo. Così ho cercato di battere sul tempo il popolo degli affamati e alle 19.30 facevo già capolino nel locale dalle atmosfere anni '50. Il proprietario mi ha detto che potevo avere il posto che preferivo, il locale era già aperto anche se ero l'unica ospite. "Se fosse già tutto pieno cambierei lavoro perché sarei distrutto" (Milano evidentemente non è Roma, perché il mio papà ha la sala già piena di affamati a quell'ora). Ho scelto un tavolo all'angolo della sala. Da lì avrei avuto una visione completa del ristorante. Quando vado sola a mangiare mi piace guardare e ascoltare quello che mi gira intorno. Perché un ristorante è come una persona. Si ha bisogno di capirne il carattere, la gente che lo frequenta, l'arredo che lo completa e soprattutto il cibo che produce. Unico milanese, all'apparenza un cameriere di sala (un po' troppo serio) e il proprietario (che si rivelerà un milanese d'adozione dato che dalla Sardegna si è trasferito a Milano da 30 anni). Il resto dei dipendenti tutti stranieri. Il cameriere troppo serio mi si rivolge chiedendomi cosa volessi mangiare. Una delle caratteristiche che apprezzo in un venditore di cibo è quella di consigliarmi il piatto del giorno o il più gustoso ed è così che procedo. "Mi consiglia qualcosa del giorno?" Il cameriere serio pare essere preso alla sprovvista. Si vede che nessuno gli chiede mai consiglio. Cerca di riprendersi e fa: "Di primo, di secondo...di carne o di pesce?" "Lei mi dica i secondi di carne e di pesce poi decido". E' sufficiente la prima proposta: "Orecchia di elefante (cotoletta alla milanese) con rughetta e pomodorini". Accetto per gola, perché amo le cucine tradizionali e per non mettere in difficoltà il cameriere serio. Pochi minuti dopo arriva il cuoco che mi porge un piatto di patatine fritte tagliate come le CrickCrock e un piatto di spicchi di pizza al sugo (ma non troppo sugo) ancora calda. Sigh! Maledizione ho preso un secondo per evitare la pizza e invece così come resisterle? Una pizza fina alla romana, per intenderci. Molto buona. Le patatine, belle croccanti. Inganno l'attesa, che è stata esclusivamente legata alla produzione di un piatto espresso e quindi sinonimo di serietà, sfogliando un libro appena comprato: La gioia delle piccole cose e non so se il merito va al titolo del libro, fatto sta che, quando arriva la mia cotoletta gigante, mi sento davvero fortunata e contenta. Degusto con calma la tenera carne dorata. L'accompagno con la rughetta e il pomodoro. Tutto in un morso. Ottimo! Intanto la gente entra, chi per mangiare, chi per portar via qualche pizza. Il Milanese d'adozione riceve ciascuno con il sorriso. Ha un modo di fare che somiglia a quello del mio papà. "Deve essere il proprietario" penso. Solo a fine serata gli rivelerò che sono figlia di un cuoco ristoratore. Quando devo ordinare il dessert, mi suggerisce una torta alla ricotta appena sfornata. E' entusiasta e non mi sento di contraddirlo anche se, sulla torta alla ricotta ho un target molto alto. L'Antica Roma di Armando al Pantheon è imbattibile. Nonostante la buona volontà devo ammettere che avevo ragione. La torta di papà è di un'altra categoria, però quella della Nuova Arena è molto buona e superiore a tante altre torte alla ricotta mangiate qua e là. Il suo difetto credo risieda nella mancanza di un "quid" che la renda unica. La pasta era buona e sbriciolona simile all'Antica Roma... l'impasto era fatto solo di ricotta e questo rendeva il gusto monotono e alla perenne ricerca di un sapore che lo sorprendesse ma ahimè senza risultato se non per un pizzico di vaniglia, un po' poco. Un buon critico gastronomico direbbe che era un piatto che "non verticalizzava" nonostante la sua buona cottura e gli ingredienti d'indubbia qualità. E quando pensavo che la mia cena stava volgendo al termine, è stato proprio in quel momento che ha avuto inzio una chiacchierata piacevole con il milanese d'adozione, il proprietario Gianni. Mi ha raccontato di venire da Cagliari, della sua formazione nella scuola alberghiera di Anzio (dove nei primi anni '70 ha visto giocare Bruno Conti); di una bella moglie che ama da 25 anni e che è un incrocio tra la Canalis e la Belen; dei suoi amici vip e del nostro amico Stefano al quale ho telefonato per farglielo salutare. Di un figlio che gioca con i Giovanissimi del Milan e dell'attività iniziata trenta anni fa con suo fratello che oggi ha un altro locale sempre a Milano. Le lampade laterali contornavano la sala dai 50 coperti. La gente chiacchierava in modo soffuso e piacevole. Era piena ma io ho continuato a sentirmi sola, dal mio tavolino all'angolo. Una specie di obiettivo su quel paesaggio urbano. Ogni nuovo cliente veniva accolto da Gianni come un conoscente e quando è arrivata l'ora dei saluti con la promessa di vederci presto, ho davvero sentito che un nuovo amico era entrato nella mia vita. Ho chiuso la porta di legno alle mie spalle mentre nel piccolo anti - ingresso un sorriso di Papa Giovanni Paolo II mi sorrideva...è proprio vero che lassù qualcuno ci ama...deve avermi visto sola e un po' avvilita e ha tirato fuori dal cilindro la Nuova Arena, per farmi sentirmi a "casa", anche quando sono in trasferta. Grazie...
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