"La prossima volta non ti metti questa tuta e ci
sediamo ai nostri posti", così una ragazzina si rivolge al fidanzato,
mentre scende le scale del settore 16 della Curva Sud. Questa volta la
delusione mangia gli umori di tutti. Perdere in undici contro dieci è
imbarazzante. Parlo poco, la rabbia mi ammutolisce. Totti da solo non basta. Il
mio Capitano, un ragazzo di 36 anni, che quando segna mi fa spezzare un unghia,
è di un’altra categoria. Lo vado a ricordare a Sandro, quando al 34’ passiamo in vantaggio, perché
lui è sempre contro Totti.
"Uno gioca, uno segna” gli faccio e applaudo verso il
campo dove Francesco sta con il dito in bocca come un bambino. Felice come un
bambino. Meraviglioso come solo un adulto con lo spirito di un bambino può
avere. Il Mio Capitano.
"Sandro è confermato: quando scommetti su un giocatore
lo bruci" è il minimo che posso dirgli quando vedo Destro sciupare
l'ennesima occasione davanti alla porta. Ferrara si sbraccia a bordo campo e la Curva lo invita a sedersi
con il consueto coro che si riserva all'allenatore ospite (perché noi siamo
educati). E' sera, Alma lascia il suo posto vuoto, la sera non ce la fa più a
venire. Ci manca. Lo stadio sembra pronto a festeggiare la prima vittoria di
una squadra dalla doppia faccia. Quando l'arbitro fischia la fine del primo
tempo Marco si alza: "Il primo tempo vinciamo sempre". Sul volto di
tutti appare un'espressione rassegnata, quella che sussurra uno speriamo bene.
Al rientro con l'espulsione di Maresca niente può impedire
la nostra vittoria. Niente tranne una papera del nostro portiere. E' 1-1 e
ricompaiono i fantasmi. La Roma
sciupona corre ancora ma non segna. L'arbitro fischia la fine e Totti, ancora
lui, gli corre incontro arrabbiato: "Un espulso e due sostituzioni sono
solo due minuti di recupero???"
Mirko, che i minuti di recupero li guarda sempre, aveva già
commentato: "Due minuti??? Com'è possibile!" per poi aggiungere:
"Erano pochi ma non sono un alibi per questo pareggio indegno".
Sandro è sconsolato, aveva portato la vecchia radio per
ascoltare le partite sperando che nella scaramanzia.
"La prossima settimana proviamo a non bere il
caffè" propone Christian mentre Antonella rilancia: "E se fissiamo di
nuovo l'appuntamento davanti alla Pasticceria, anche se la Pasticceria non c'è
più?". Questa soluzione vince. E così sarà. L'ultimo anno con
l'appuntamento davanti alla Pasticceria siamo arrivati a giocarci lo scudetto a
Verona, deve funzionare.
Camminiamo ognuno con il peso dei suoi pensieri. Il
mio si chiama Juve e se prima mi sembrava fastidioso come una mosca adesso lo
sento nauseabondo come il latte andato a male. Mancano tre giorni,
abbastanza per risuscitare.
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